In Italia l’assistenza sanitaria è regionale, l’assistenza sociale è comunale. Ovvero Aziende USL e ospedali (enti regionali) curano le malattie e fanno prevenzione, i Comuni si occupano di case popolari, sostegno all’handicap, sussidi vari. In Toscana, invece, diversi anni fa l’allora assessore alla Sanità ed oggi Presidente Enrico Rossi inventò un soggetto terzo: la Società della Salute, in cui far confluire l’assistenza domiciliare delle USL e l’assistenza sociale dei Comuni, vedi qui.
Le Società della Salute non furono previste una per Azienda USL (le Aziende USL hanno all’incirca l’estensione di una provincia), ma una per zona (per esempio all’Azienda USL n. 5 di Pisa furono abbinate 3 Società della Salute), nonostante vari Comuni recalcitranti (le Aziende USL sono della Regione e quindi non potevano opporsi). Il problema, specie in tempi di vacche magre, è che non si possono migliorare i servizi aumentando il peso economico delle strutture che debbono fornirli e, se le Società della Salute si sono fatte solo in Toscana, una ragione ci sarà. Tant’è vero che sono state bocciate sia in sede di Corte Costituzionale che in sede di Corte dei Conti, cosa che ovviamente non sfuggì al MoVimento 5 Stelle, vedi qui il post dell’agosto 2012 della lista di Reggello.
Recentemente, un emendamento trasversale ha imposto alla Giunta Regionale di predisporre entro il prossimo marzo la legge di chiusura definitiva delle Società della Salute, contrario di fatto solo il PD, chissà perché, vedi qui.
Il fatto che ci voglia una legge regionale per chiudere degli enti incostituzionali è uno di quei bizantinismi giuridici di cui l’Italia è indiscusso leader mondiale. Ma le Società della Salute non sono l’unica curiosa duplicazione del Sistema Sanitario Toscano: per esempio ci sono le Unità Funzionali in aggiunta alle Unità Operative e le 3 ESTAV che accorpano le sole attività di spesa di più Aziende USL. Del resto l’Italia è il paese delle infinite polizie, dove lo stesso compito viene sempre diviso tra più enti diversi, così quando le cose non funzionano non si sa mai di chi è la colpa e dove bisogna intervenire.
Dopo il misterioso ammanco di qualche centinaio di milioni all’Azienda USL di Massa, il mito della corretta amministrazione della Sanità toscana è miseramente crollato anche sul piano economico, nello sconcerto generale. Tutti dicono che in Sanità non si tratta di spendere meno, si tratta di spendere meglio. Qualcuno però dovrebbe cominciare a dire che una parte di questo meglio sarebbe avere meno dirigenti apicali e più personale operativo, a parità di spesa, assegnando il personale in base al numero degli abitanti e alle caratteristiche di ciascuna zona.
Per i dietrologi il modello toscano è da sempre un tipico esempio di moltiplicazione delle poltrone a fini clientelari. Non dimenticando però che i politici della “Prima Repubblica” avevano dietro l’intelligenza collettiva del Partito, dietro i politici della “Seconda Repubblica” spesso non c’è stato più nessuno e magari l’ex sindaco di una piccola città non era la persona più indicata per ricoprire per dieci anni l’incarico di assessore alla Sanità in Regione.
L’attuale assessore è un tecnico e sta disperatamente cercando di far quadrare i conti, dopo i pesanti tagli del governo Monti. In Regione si susseguono piani di accorpamento delle Aziende USL e dei vari comparti dentro le Aziende USL, ma nel frattempo che si discute (e si cerca di pensionare o sistemare i dirigenti che resterebbero senza dirigenza), l’unica cosa veramente tagliata sono i posti letto. In un’epoca storica in cui la chirurgia è forse al suo massimo (in attesa di terapie meno invasive) e dunque posti letto potrebbero anche servirne di più. Quando la politica non c’è, prevalgono inevitabilmente le cordate. Nella “Terza Repubblica” prossima ventura urge ritrovare velocemente un’intelligenza collettiva, che per il MoVimento 5 Stelle è oggi, come si sa, nella rete.