Un’arma di distruzione al servizio del TTIP: il fracking
Le istituzioni europee e americane stanno decidendo del presente e del futuro dell’ambiente con l’intento di creare un’enorme area di libero scambio tra due economie che insieme rappresentano la metà del Pil mondiale. Sin dalla denominazione emerge che
la tutela degli investimenti e la conseguente logica del profitto costituiscono
le principali istanze che i negoziatori europei ed americani intendono promuovere con questo trattato. Tra le questioni più delicate che invece
rischiano di soccombere c’è la tutela dell’ambiente e delle sue risorse.
Problemi: Il processo di armonizzazione degli standard sociali e ambientali che il TTIP intende determinare, causerebbe il proliferare di controverse prassi in ambito ambientale che negli USA stanno già sortendo effetti di preoccupante entità. Tra le prassi che potranno diventare realtà con il TTIP c’è la fratturazione idraulica per l’estrazione del gas e del petrolio di scisto, detta “fracking”. Negli USA questa tecnica estrattiva si è ampiamente sviluppata negli ultimi anni godendo di regolamenti ambientali molto meno restrittivi rispetto a quelli europei. In un solo anno negli USA sono stati scavati circa11.000 nuovi pozzi contro la dozzina presente in Europa. Ma questi sviluppi del gas di scisto o shale gas non sono privi di catastrofiche conseguenze ambientali. Il processo di fracking consuma enormi risorse idriche, circa 9-29 mila metri cubi di acqua all’anno per ogni singolo pozzo con un impatto devastante sulla sostenibilità idrica. All’acqua sono poi aggiunti altri fluidi insieme a sostanze chimiche che penetrando nel terreno attraverso la fatturazione idraulica consentono la migrazione di contaminanti nel sottosuolo. In più parte dei fluidi che contengono metalli pesanti, idrocarburi, sostanze radioattive naturali e concentrazioni saline insieme a una quota di gas metano, ritornano in superficie come acqua di reflusso rischiando di causare scosse sismiche e pericolose esplosioni.
STOP TTIP perché: il TTIP minaccia il principio di precauzione sancito a livello europeo secondo il quale ove vi siano il rischio di danni seri o irreversibili per l’ambiente e la salute umana, l’assenza di certezze scientifiche non deve essere usata come ragione per impedire che si adottino misure di prevenzione. Questo principio sembra destinato a sopperire dinanzi al desiderio degli USA di tutelare e intensificare le esportazioni di gas naturale in UE che è il più grande importatore al mondo di shale gas. La conseguente ondata di esportazioni di gas naturale potrebbe aumentare i prezzi dell’energia per i consumatori americani e incentivare la pratica del fracking, facilitando un uso improprio delle risorse naturali insieme a danni ambientali di immani proporzioni.
La proposta: Riteniamo che il fabbisogno energetico americano ed europeo possa essere sopperito ottimizzando le risorse di cui già si dispone. Se vogliamo creare una prospettiva di sviluppo sostenibile, non possiamo prescindere dall’orientare l’economia e la finanza verso un’idea condivisa di bene comune che coincida con la tutela e la promozione dell’ambiente. L’unica libertà di scambio che intendiamo tutelare è una libertà negativa, cioè limitata dal rischio di recare danno all’ambiente e quindi all’uomo. Ciò implica che maggiore commercio e mercato non possono assolutamente tradursi nella diffusione di tecniche estrattive e produttive pericolose.